Quel famoso viaggio di nome Dieta: andata e ritorno.

Oggi sono passata dal supermercato per fare qualche acquisto da portare in dono al mio frigorifero.

Ci sono dei reparti come quello delle merendine che profumano di zucchero e vanillina anche se le confezioni sono sigillate come lo erano le mie barbie. Credetemi. Ogni volta che passo dal Kinder brioche corner non riesco a non fermarmi per guardarle da vicino, come se stessi osservando le stelle con il telescopio.

Le prendo. Le metto nel carrello. E le porto in giro con me fino a quando finisco di fare la spesa. A volte hanno anche superato la cassa, ma una volta superata la porta di casa, l’intero pacco ha la durata di vita di max. 2 ore.

Voi riuscite a mangiarne solo una? Due?

Oggi ho ricordato l’inestimabile valore che le girelle e i famosi bomboloni Yo-Yo hanno avuto per la mia solitudine. Quanti ne avrò mangiati da piccola, in camera, da sola? Nascondevo le scatole vuote nel mio armadio dei giochi e rimandavo la “iosa” di mia madre a tempo indeterminato, quando prima o poi le avrebbe scoperte. Alcune scatole le ho trovate pochi anni fa.

La complessità che si nasconde dietro la tematica “obesità” è una valigia stracolma di comportamenti, ricordi, di cui ancora non conosco a memoria la password per sbloccare il suo lucchetto. Tra i componenti segreti del suo peso vi è anche la parola DIETA. Una sorta di vulcano attivo che fa sudare freddo al pensiero di doverlo affrontare ogni giorno, consapevole del fatto che potrebbe eruttare da un momento all’altro.

Quando le mie amiche esprimevano una certa determinazione nel voler iniziare una dieta, spontaneamente avrei voluto dire loro “Oh, mi dispiace, ti sono vicina.”

Il problema però è che questa parola è stata strumentalizzata fin da quando eravamo piccoli, tanto farci sentire in colpa. Falliti. Vincenti e poi ancora falliti. Una continua favola che iniziava e finiva.

Tutti i nutrizionisti, dietologi, endogrinologi, elefantisti e ippopotamisti che ho incontrato nella mia adolescenza hanno scatenato in me ulteriori rifiuti di accettazione. Eccetto uno: Doct. AP.

Lui é uno psicoterapeuta un pò matto. Fuori dagli schemi. E’ stato grazie a lui che finalmente ho potuto autorizzare la mia libertà creativa a girare nuda per il mondo. A non vergognarmi di nulla. Neanche di raccontare che quando chiamavo il pizza delivery a New York, durante la telefonata dell’ordine simulavo di stare nel bel mezzo di una festa, con tanto di musica ad alto volume, per giustificare l’arrivo a domicilio di 2 pizze formato gigante. Dodici slices di cui sei con pasta al forno on the top e sei ricoperte di cotolette a tocchetti, funghi e triplo formaggio. Le mangiavo da sola insieme a 11 amici immaginari. Tutti benvenuti al binge eating party!

Mi ha convinta a rimanere calma e rilassata anche dinanzi alle sue frasi tipo: “devi perdere peso”. “Tu non devi mangiare”. “Devi tenere la bocca cucita”. Ora rido. E lo abbraccio ogni volta che lo penso. Capire i suoi significati è stato come scoprire chi ha ucciso Laura Palmer.

Sono passati quasi 10 anni da quando iniziarono le mie confidenze con lui, in un in&out disperato e incosciente dal suo studio. Quando lo incontrai ero tra le candidate all’Oscar come miglior cicciona in fin di vita.

169 kg a New York 2010

Lui è stato il primo e unico dottore amico che ha avuto con me un approccio scatenante.

Non chiedetemi come abbia fatto, non so scriverlo. Ma la prima volta che mi sono seduta sulla sua poltrona pesavo quasi 170kg ed ero assolutamente convinta di essere una donna normopeso. Con un grave problema d’amore. Amavo Giuseppe e Giuseppe mi amava e mi rifiutava.

Quante volte siamo dimagriti e ingrassati?

Quanto pesa per la nostra autostima tornare indietro e superare il peso di partenza?

Fuori scena.

Ed ecco a voi signori e signori il fantastico, inimitabile, invincibile PensieroMiglioreditutti! Il narcipensiero superficiale pronto a tirar fuori dal cilindro magico la famosa valletta “forza di volontà“.

Molti dicono che è colpa nostra. Anzi no. Della nostra mancanza di volontà.

Non scegliamo autonomamente di nascere in un circo di pregiudizi ma il costo del biglietto da pagare per uscirne spetta a noi.

Continua..